L'Importanza dell'Acqua

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Importante anche allora

Nel Medioevo, in agglomerati urbani che contano ormai parecchie decine di migliaia di abitanti, il consumo dell’acqua era enorme. Acqua da bere, acqua per cucinare, per fare il bucato, per le stufe, ma anche per far girare i mulini, per lavare le tele e i tessuti di lana, per risciacquare le tinture o per ammorbidire i pellami.

La città diventa un luogo di alta concentrazione umana e al tempo stesso il centro di produzione industriale.

Ne deriva che la richiesta di acqua assume proporzioni considerevoli, mentre, peraltro, si vanno moltiplicando i fattori di inquinamento. 

Non sempre chiare, fresche et dolci...

Il rifornimento essenziale è garantito dai fiumi, dove però confluiscono la maggior parte degli scarichi domestici e artigianali: le acque che portano via i rifiuti, le acque sporche dei conciatori, dei tintori, dei lavandai…

Il risultato è la presenza di agenti nocivi che emanano cattivo odore, creano o accrescono i rischi sanitari. Molti utenti si contendono l’acqua che nelle città antiche è un bene raro, maleodorante e infetto.

Ogni centro urbano deve fronteggiare le medesime difficoltà. Nell’Italia dei Comuni, però, questi problemi trovano una risposta precoce che è al tempo stesso politica e tecnica.

Non Tutti ne dispongono

A partire dal XIII secolo vengono avviati lavori di grande portata e di notevole costo, a seguito dei quali risulta rivoluzionato il sistema di approvvigionamento idrico. Si tratta di un settore in cui l’intervento è prioritario, poiché c’è bisogno di rifornire di acqua potabile comunità urbane che si fanno sempre più popolose. 

Gli antichi acquedotti romani, almeno nei casi in cui erano sopravvissuti al crollo dell’Impero e delle successive distruzioni, erano stati per molto tempo capaci di rifornire insiemi demografici di dimensioni ancora contenute.

Oppure, nelle città prive di acquedotti, avevano prevalso soluzioni empiriche come lo scavo di nuovi pozzi nelle aree periferiche in via di rapida urbanizzazione.

Tuttavia, in agglomerati densamente popolati, sfruttare le strutture antiche o affidarsi a interventi circoscritti si rivela una scelta poco redditizia. Ormai il problema dell’acqua viene gestito dalle autorità pubbliche che danno l’avvio a interventi di ampio respiro.

Il potere comunale si sostituisce ai monasteri o ai grandi possidenti della classe aristocratica che fino a questo momento hanno spesso costruito e finanziato gli impianti.

Si realizzano grandi Opere pubbliche

Il paesaggio di molte città italiane viene spesso segnato dall’avvio di opere di grande portata.

A Genova si intraprende la ricostruzione dell’antico acquedotto e, tuttavia, data l’entità dell’intervento, i cronachisti dell’epoca lo considerano come un’autentica creazione ex novo che dà lustro all’immagine della città e alla gloria del podestà che ne ha ordinato l’esecuzione.

Dotato di nuove potenzialità e di un sistema di distribuzione razionalizzata, l’acquedotto genovese eroga acqua per le infrastrutture portuali e le fontane pubbliche. E’ significativo il fatto che  la sua gestione e la sua manutenzione siano affidate alla principale magistratura cittadina, quella stessa che si occupa di far funzionare il porto, cuore economico di Genova.

In alcune città dell’Italia centrale il problema dell’acqua potabile viene complicato dalla posizione spesso elevata del sito e dalla natura arida del sottosuolo.
Alla metà del XIII secolo Perugia decide di costruire un acquedotto e a tal fine viene messo a punto un progetto che si annuncia eccezionale: si prevede la realizzazione di un’opera che avrà una lunghezza complessiva di 4000 passi.

La costruzione verrà sostenuta da un centinaio di arcate e alla sua realizzazione lavoreranno alcuni dei maggiori artisti e ingegneri dell’epoca, tra cui Fra Bevignate. Nel 1278 l’opera è compiuta. Le acque affluiscono al centro dell’area urbana, nella monumentale fontana di Piazza Grande, la Fontana Maggiore.

Negli ultimi decenni del XIII secolo il Comune popolare di Orvieto si lancia in un’impresa analoga.

Da parte sua, Siena amplia la rete dei condotti sotterranei, i bottini, che alimentano le più importanti fontane cittadine. Interventi di tal genere sono attestati anche nelle realtà di Spoleto, Viterbo; i lavori proseguono o si intensificano durante i primi decenni del XIV secolo.

I Navigli di Milano

L’esempio di Milano costituisce un’emblematica dimostrazione di come l’acqua e il suo utilizzo furono gestiti con criteri che possiamo definire d’avanguardia. La prima fase di intervento comporta la deviazione dei canali navigabili che passano nelle vicinanze del centro urbano, allo scopo di alimentare i canali cittadini e in particolare quello anulare che racchiude lo spazio edificato.

Anche il Nirone e il Seveso vengono a gettarsi nei fossati che circondano Milano: l’acqua conserva la sua funzione originaria, che è quella di proteggere la città. In seguito, per tutto il XII secolo, questa funzione difensiva è di stimolo e giustificazione ai grandi lavori che vengono intrapresi.

Lo scavo del canale del Ticinello (il Naviglio Grande) viene ultimato all’inizio del XIII secolo. Il canale raggiunge la città, rinforzandone il sistema difensivo, soprattutto contro gli attacchi che potrebbero venire dalla vicina Pavia.

I primi interventi idraulici sono dunque il risultato delle preoccupazioni di carattere militare: i canali di Milano vengono costruiti pro defensione.

Le vie d’acqua, successivamente, vengono investite di una nuova funzione: facilitano gli scambi e la circolazione delle derrate e tendono a creare uno spazio economico unitario intorno a Milano.


da E. Crouzet-Pavan, Medioevo. Un passato da riscoprire