Fritto, che Passione!

Fritto, che passione.jpg

Né troppo caldo né troppo freddo

Il fritto è una tipologia di cottura per contatto con un grasso caldo che trasmette immediatamente il calore ma, di rimando, subisce un raffreddamento dalla sostanza messa a friggere. 


E’ importante che la temperatura del grasso sia nel giusto modo elevata, così che il contatto diretto con il calore determini, sulla superficie dell’oggetto che frigge, la coagulazione delle proteine e la caramellatura dei glucidi, formando una crosta che impedisce al grasso di inzuppare la parte interna.

Tale risultato sgradevole si verifica friggendo a temperature troppo basse. Se il grasso, invece, è troppo caldo, degrada, bruciando le sostanze che vi si immergono. 


Il controllo della giusta temperatura avviene soprattutto attraverso il rapporto quantitativo tra il grasso e gli alimenti da friggere.

Un po' di Storia in breve

Quello della frittura è un metodo diffuso in tutto il mondo e usato già nell’antico Egitto in cui si utilizzava dell’olio vegetale generico.

Nell’antica Roma troviamo attestazioni di fritture in olio di oliva. Nelle frictilia possiamo rintracciare, forse, le probabili antenate delle attuali chiacchiere o bugie di carnevale.

Già a quell’epoca era diffuso una sorta di street food: infatti la maggior parte della popolazione consumava diversi spuntini per strada, acquistando dalle varie bancarelle o da locali, le cauponae e le tabernae, affacciate sulla strada.

In questi locali si trovavano diversi cibi fritti: frittate, frittelle, salsicciotti... Esistevano inoltre le vere e proprie botteghe di friggitori, citati anche dal poeta Marziale.

Datemi una Padella e vi friggerò il Mondo!

Esistono due tipi di frittura: quella in padella e quella per immersione. Quest’ultima comporta l’immediato, totale contatto del pezzo da friggere con il grasso di cottura, che nel primo caso lo copre al massimo fino alla metà.

La cucina medievale pratica quasi esclusivamente la frittura in padella, meno dispendiosa, usando generalmente l’olio nei periodi di magro e lo strutto (di lardo o di sugna) in quelli di grasso.

Il ricorso al burro va facendosi abbastanza frequente soltanto verso la fine del XV secolo ma solo per un ristretto numero di cibi (soprattutto le uova) che possono friggere a temperature relativamente basse. Anche gli antichi cuochi avevano imparato che il burro inizia a degradare a 120°, mentre lo strutto incorre nello stesso fenomeno a 190°.

Uguccione da Pisa nelle sue Magnae Derivationes enuncia la definizione tecnica della preparazione: “frigere, idest coquere in patella sine aqua vel vino, cum oleo vel sagimine”, assumendo come criterio distintivo la natura grassa del fondo di cottura che differenzia il fritto dal lesso e dallo stufato.

Il Ménagier de Paris lo distingue dal soffritto per il fatto che si fa nella padella di ferro anziché nella pentola (se c’estoit en une paelle de fer, l’en diroit frire), confermando la predilezione dei cuochi medievali per questo sistema.

Dai pochi accenni a questa procedura culinaria si può desumere la preoccupazione di non far bruciare quanto si friggeva mantenendo la temperatura relativamente bassa (frigantur in lento igne troviamo nel Liber de coquina di un Anonimo della Corte Angioina ma ma anche nel Libro de la cocina di un Anonimo Toscano.
 
Fonte: E. Carnevale Schianca, La cucina medievale. Lessico, storia, preparazioni, Olschki, Firenze 2011

Per approfondire

M. Guarnaschelli Gotti (a cura di), La gastronomia. Dizionario enciclopedico della buona tavola, Milano Garzanti 1998