Seguendo il Filo di San Benedetto

Un libro, un viaggio, un percorso dell’anima.

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Questo nostro articolo, oggi, è un po’ diverso dal solito.

Vorremmo condividere con quanti di voi avranno la curiosità di leggerlo e, più in particolare, con chi ama il Medioevo e la spiritualità ad esso strettamente connessa, con chi ama il viaggio - sia esso interiore o fisico -, con chi ama la conoscenza, l’incontro con l’altro e la riscoperta delle tracce del passato nel nostro presente, alcune suggestioni che questa lettura ci ha ispirato nonché alcuni suggerimenti per un viaggio, per così dire, alternativo.

Stiamo parlando dell’ultimo libro di Paolo Rumiz, Il filo infinito, edito da Feltrinelli (2019). L’indiscusso protagonista è il Viaggio, un viaggio che percorre la geografia europea seguendo il filo invisibile legato a San Benedetto e ai suoi seguaci, attraverso conventi e abbazie dell’Occidente cristiano, dal Danubio all’Atlantico.

Il punto di partenza e quello di arrivo di questo meraviglioso percorso sono il cuore ferito dell’Appennino centrale italiano (Castelluccio, Norcia…) squassato da terremoti distruttivi, sì, ma calpestato in modo ancor più violento e terribile dall’indifferenza dello Stato e dall’inesorabile macchina della burocrazia che seppellisce quei luoghi e i suoi abitanti sotto ulteriori macerie fatte di carta, questa volta, e li condanna ad una solitudine ancor più amara.

Qual è il messaggio di questo libro? Crediamo che se ne possano trovare più di uno.

Il primo è certamente un invito alla riflessione sul presente, partendo dal passato e dalle nostre comuni radici “europee”. Un invito a raccogliere i vari fili di un unico gomitolo originario e a riannodarli insieme per cercare di (ri)scoprire una comune identità e un sentimento di solidarietà e di accoglienza propri, un tempo, di questi monaci tenaci e rigorosi.

Seguendo la regola dell’Ora et Labora essi hanno saputo attingere al fertile grembo della Madre Terra - modellandolo e plasmandolo con rispetto infinito (contrariamente a noi che escogitiamo modi sempre più vari per violentarlo) - ed hanno saputo creare una forte rete di valori improntati sulla condivisione e sull’accettazione dell’altro, del diverso, dell’hospes - che oggi diventa più spesso hostis - pur rimanendo fedeli alle proprie scelte.

L’ulteriore invito è quello a scendere nella profondità di noi stessi e nella nostra anima, a ricercare il silenzio e il raccoglimento all’interno di un mondo fatto di rumori, a esplorare noi stessi per ritrovare l’afflato divino presente in noi fin dalla nascita e che - sebbene possa risultare strano - non ci ha mai abbandonati.

Non lo sentiamo più perché, forse, ci dimentichiamo (o ci rifiutiamo?) di ascoltarlo o lo abbiamo chiuso a chiave in un cassetto ben nascosto dentro di noi.

Ma è ancora possibile accogliere un tale invito in un mondo governato dalla tecnologia, dal frastuono, dal parlare senza ascoltarsi, da una musica dai toni gravi trasformata in rumore o svuotata di significato, in un mondo che innalza nuovi muri e nuove barriere?

Forse no o forse sì. Ma come? A ciascuno la propria soluzione.

Di certo il legame con la natura, con la terra, con le tradizioni non va dimenticato ma, anzi, va riscoperto e coltivato. Ad ognuno di noi spetta scegliere la propria “chiave” per riaprire questo prezioso cassetto polveroso.

Alcuni opteranno per il raccoglimento, per la fuga dal presente o, al contrario, per un’immersione ancor più totale in quel presente che ci fagocita, mentre altri sceglieranno (perché no?) un viaggio. Sia esso quello proposto dall’autore sia esso un percorso composto dalle tappe spirituali che più preferiamo.

Di seguito vi proponiamo un assaggio del percorso realizzato da Rumiz, presentando ogni tappa con alcune frasi a nostro avviso più belle e significative dell’autore.

Non resta, quindi, che augurarvi buon viaggio!

Le terre ferite dal sisma

“Eravamo magnificamente soli, unica presenza viva in quella distesa tibetana, e vivevamo quel privilegio con inquieta e guardinga euforia. Non c’era nulla di simile nelle Alpi. Nessun luogo dove paura e incantamento, inferno e paradiso, tellurico e fertile, tenebra e luce si sposassero in modo così intimo per garantire il ciclo vitale. [...] Ero cresciuto sulle Alpi, ma era stato l’Appennino a sedurmi nella maturità: e quella montagna antica, medievale, femminile, barbarica, dai sapori forti, era diventata la mia seconda patria”.

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Fonte: valletamantina.it

“Il germe della rinascita di un Continente era partito dal forte cuore appenninico del mio Paese. Benedetto era nato lì, sulla lunga dorsale inquieta che è il centro non solo dell’Italia ma dell’intero Mediterraneo. Era figlio di un mondo di Sibille, transumanze e lunghi inverni che per millenni, dopo ogni distruzione venuta dal profondo, era stato capace di rinascere e che ora, per la prima volta, rischiava di vivere un esodo senza ritorno. Abbandonati dalla politica - la montagna non portava e non porterà mai voti -, i pronipoti di Benedetto diventano rifugiati, scendevano a valle per arenarsi e morire sulle stesse spiagge dei migranti”.

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Fonte: perugiatoday.it

“A notte fonda mi parve di udire l’ululato dei lupi, doloroso come un grido di anime del Purgatorio. [...] Lì, in mezzo alle macerie di Norcia, vivevo una vertiginosa percezione della centralità dell’Italia e della sua colonna vertebrale. Se il mio Paese avesse perso l’Appennino, avrebbe perso se stesso”.

Abbazia di Praglia (PD)

“Praglia, già il nome sa di buono. Una caserma di fede con anima contadina. [...] I luoghi si capiscono di giorno, ma si sentono di notte. È l’acustica a svelarli. Che sia tuono o sussurro, acustico è l’atto della creazione. Spirito è soffio, voce, verbo. Sentire (nel senso di avvertire l’essenza) non è una parola qualsiasi, perché si aggancia ai suoni distillati dal silenzio”.

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Fonte: euganeamente.it

“È l’alba. La macchina di preghiera si sveglia nei corridoi, nel dedalo dei quattro chiostri, cantine, scalinate e ballatoi. [...] Stamattina a Praglia il latino viaggia sulle ali dell’unisono maschile e saluta il trionfo del giorno. Mi chiedo se la crisi delle vocazioni non sia iniziata con la liquidazione del gregoriano e l’arroganza di architetti incapaci di dare acustica alle chiese. Le chitarre nei canti e i preti stonati hanno fatto il resto, decretando l’eclissi del sacro”.

Sankt Ottilien, Germania (Alta Baviera)

“A ovest di Monaco, l’abbazia emerge con scampanio di bronzo da un saliscendi di foreste e campi di segale. [...] Sotto un ombrello di immensi tigli, la cittadella della fede saluta gli ospiti con odore buono di letame, parola non a caso imparentata con il latino laetus. E’ la presenza di questo nobile elemento, che allieta la terra e di conseguenza il contadino, a dirci tutta la capacità benedettina ad interpretare lo spirito dei luoghi. E in effetti qui respiri a pieni polmoni l’anima agricola della Baviera, anima femminile, un po’ come nel sud dell’Italia, dove la Madonna conta infinitamente più di Cristo”

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Fonte: br.de

[Afferma l’abate Notker Wolf] “Il lavoro è ciò che Benedetto ha santificato inventando un sistema rivoluzionario di convivenza, un modo per far stare assieme chi cerca Dio, un modo disciplinato da una Regola precisa e da un padre spirituale chiamato abate. Chiede loro di leggere molto, quindi di saper leggere, ma anche di lavorare la terra. Monaco è colui che si nutre del suo lavoro manuale. Certo, essi erano ancorati all’invisibile, ma non per questo mistici. Sono uomini pratici, sperimentati nella vita comunitaria. [...] I principi sono chiari. Rispetto dell’individuo, ascolto della comunità intera, condivisione delle responsabilità”.

Viboldone (MI)

“A Viboldone il sacro, che diresti annichilito dalla macchina del consumo che lo circonda, ti fulmina appena entri nella navata medievale coperta di affreschi di epoca giottesca. Se a bordo di una scialuppa di salvataggio, senti di essere stato accolto. Passi da un mondo dove Dio è superfluo a un mondo impossibile da comprendere in assenza di Lui. A Viboldone l’Europa ha la faccia delle piccole monache in nero che intonano i canti dell’ora sesta”

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Fonte: valledeimonaci.org

“La sera, prima di cena, vedo attraverso una porta semiaperta sul lato della clausura un’anziana monaca filare accanto a un lume da tavola, con sul pavimento un gomitolo di lana bianca accanto alla tonaca nera, in un gioco di stupenda bicromia. È un film di pochi secondi, nel quale la vergine anziana fa a tempo a mostrare un’inattesa, struggente dolcezza da donna incinta e, in quei pochi attimi, anche i tratti della dea madre, della Parca, della Sibilla”.

Muri Gries (BZ)

“A Bolzano, i muraglioni di Muri Gries mi si parano davanti in un sole rovente, svelando un mondo nuovo rispetto alla pianura lombarda. Se il monastero di Viboldone era povero ed essenziale, questa abbazia è ricca e trionfante con la sua struttura massiccia, i possedimenti agricoli, le seicentomila bottiglie di vino d'annata, le nove campane di bronzo “a slancio tirolese" installate nella torre, le imposte verdine e le scandole multicolori, luccicanti nel cielo azzurro tempestato di rondini. Il salto tra i due mondi è impressionante, ma i monaci mi avevano avvertito fin dall'inizio: “I benedettini non sono un ordine, ma un disordine democratico”, ogni monastero esprime e potenzia l'anima del luogo in cui sorge”.

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Fonte: suedtirol.info

“Se l'acustica è buona” scherza [padre Urban], “credi anche se non vuoi. Se poi c'è pure del buon vino, allora è fatta”. Siamo all'essenza di un luogo santo dove le radici più antiche vanno cercate forse nello spazio meno religioso: le cantine. Nel sangue di Cristo che si fa nutrimento non solo dello spirito. É proprio qui che più pericolosamente l'ora et labora rischia di diventare produttività, azienda, e di perdere la preghiera per strada. Ma è sempre qui, sotto le robuste volte ad arco acuto, che le botti di vino ci dicono che l'evangelizzazione dell'Europa è andata avanti di pari passo con l'impianto delle vigne, dal Mediterraneo alla Mosella e oltre”.

Marienberg (BZ)

“Marienberg, quota 1335, monastero benedettino più alto d'Europa, bastione bianchissimo dai tetti verdini piantato sulla frontiera del protestantesimo, è una perfetta introduzione alla giornata del monaco secondo tempi pressoché invariati dall'Alto Medioevo. Bianca, isolata e visibile da ovunque, aggrappata a un pendio di altissimi larici agitati dal vento, la fortezza della fede chiamata Monte Maria dimostra che non potrebbe essere altrimenti, dato che siamo a due passi dalla patria degli orologi a cucù, la Svizzera, e visto che la Venosta è una delle valli più luminose delle Alpi, un perfetto osservatorio astronomico rivolto a sud, dove sono le montagne stesse a dirti l'ora in relazione al viaggio del Sole o delle stelle sopra le loro cime”.

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Fonte: marienberg.it

San Gallo, Svizzera

“Dicono che nei sotterranei sia percepibile un'energia immensa, una forza che quasi certamente Gallo avvertì scegliendo il luogo del primo oratorio dopo aver letto il territorio d’Oltralpe con intuito forse ancora druidico. Senza quel primitivo presidio cristiano, non si capirebbe nulla di questa città a oriente della Svizzera. Nulla, a partire dalla sua posizione, perché, anziché dominare il paesaggio fronteggiando apertamente il lago e le grandi montagne, San Gallo si infratta in un vallone tra due colline, come per non essere vista. Questo perché il monaco peregrinante venuto dall'Atlantico per prima cosa dovette darsi alla macchia, per nascondersi ai montanari ed evangelizzare il luogo con infinite cautele”.

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Fonte: myswitzerland.com

“Che qui si varchi la soglia di un Sancta Sanctorum lo dice già la biblioteca lignea dell'ex abbazia, una delle più famose del mondo. La scritta all'ingresso, PSICHE IATREION, la farmacia dell'anima, ti introduce a una meraviglia barocca la cui visita richiede il rito delle ciabatte di feltro per non rovinare il pavimento e si consuma in un ammirato, rispettoso mormorio di visitatori. [...]. Ma il meglio di quell'immenso patrimonio di memorie è conservato nel bunker, un sotterraneo chiuso ai visitatori, dove abbiamo il privilegio di entrare grazie alla più esperta delle guide. [...] Tocco tremando la storia, come un cieco l'alfabeto Braille. Respiro l’odore di codici. Traguardo in trasparenza i colori delle miniature attraverso una lampada. Ne ascolto il fruscio”.

Cîteaux, Francia

“La vita scorre secondo ritmi immutati da quattordici secoli. Le sette preghiere, il lavoro dei campi, il caseificio, gli antichissimi canali di irrigazione, lo scroscio dell’acqua accanto a un ex mulino.Tutto è inserito in questo fluire, anche la morte. Mentre arriviamo, il monaco più anziano di questa speciale compagnia della fede, Hubert, sta passando all’altra vita, accompagnato dai confratelli. Ha novantaquattro anni, di cui settantasei trascorsi nella vita monastica”.

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Fonte: vitanostra-nuovaciteaux.it

“[Jean-Marie Petithomme] Da bambino volevo fare l’esploratore, viaggiare l’universo. Vorrei ancora sedermi sugli anelli di Saturno per fare il lampionaio celeste, quello del Petit Prince, ma il buon Dio mi ha detto: resta qui. E io ho messo radici in un monastero” Poi, come per sottolineare il concetto, si ributta sulla tastiera per una nuova improvvisazione stile Debussy”.

Saint-Wandrille, Francia

“I monaci di Saint-Wandrille preferiscono il buio. Lo abitano come pipistrelli. Per vederli devi lasciare che l’occhio si abitui alla tenebra. All’ora della Compieta, l’ultima preghiera serale, ci metti un po’ per distinguere le tonache nere che entrano a luci spente per schierarsi ai lati dell’altare. Non emettono un umano scalpiccio: fluttuano in silenzio, sospesi, come icone bizantine”.

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Fonte: st-wandrille.com

“E’ esploso il profumo dei tigli, le prime stelle sfrigolano come in una padella verso Rouen. Persino la parola “Wandrille” luccica, stasera, con quel suo nome che canta. Sarà che a nord-ovest le sere non finiscono mai, sarà che sono ubriaco d’aria, ma oggi l’andirivieni dei pensieri mi tiene ancora più sveglio del solito. E’ sempre più chiaro: il mio non è un viaggio nello spazio. E’ una navigazione interiore”.

Orval, Belgio

“Un vento dolce si impossessa della foresta. Fa ancora caldo, la birra è fresca e va giù che è un piacere. Mi guardo attorno: tutto ciò che mi circonda è Europa. Gli spazi a misura d’uomo, lo sfiato degli alambicchi, le antiche forge, i canali, lo spiovente dei tetti, il reticolo di strade e sentieri, l’anima carolingia dei villaggi. La fermentazione dell’orzo che sale al cielo nel vento come una preghiera”.

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Fonte: travelfar.it

“Non lontano dalla fontana il vento agita un giovane cedro, piantato da un monaco libanese. Non è solo il segno del legame di quell’uomo con la terra delle origini. E’ anche la direzione maestra della fede. Cristo nacque, visse e morì in Oriente dove nacque anche una principessa di nome Europa”.

Altötting, Germania

“Che spaccato di vita bavarese! Donne in Dirndl dal seno generoso in vista. Pellegrini in bici o braghe da camminatore. Capitani d’industria e contadini vestiti allo stesso modo. Famigliole che pasteggiano liberamente con vivande al sacco sui tavoli all’aperto delle taverne. E’ la democrazia della birra, la più antica, interclassista e paternalista delle bevande”.

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Fonte: tuttobaviera.it

Niederalteich, Germania

“Sera lunga, con luce che si spegne con infinita lentezza. Consumo un pasto frugale senz’alcol nel refettorio dell’abbazia, poi mi avvio alla funzione della Compieta. Ritrovo Johannes. Celebra in un buio quasi totale. Completamente vestito di nero, canta su tonalità baritonali, poi si ferma davanti alle Porte regali e le chiude con gesto amorevole, paterno. E’ come se rimboccasse le coperte alla notte”.

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Fonte: pixabay.com

Fonte per l’immagine di copertina: piemonteitalia.eu