Niente di più utile del Sole e del Sale

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Essenziale e insostituibile: il Sale

Il sale è in ogni tempo in cima alla lista degli alimenti quotidiani ed è uno dei componenti maggiormente richiesti per necessità fisiologiche ed anche per via di abitudini alimentari ben codificate e correlate a fattori di natura socio-culturale.  

Il Medioevo offre da questo punto di vista un esempio paradigmatico. Quando, a partire dal XIII secolo, la popolazione europea si trovò nella condizione di dover fronteggiare lo spettro di carestie ricorrenti, il consumo di sale andò aumentando pur in presenza di una curva demografica che le epidemie del Trecento avrebbero contribuito a rendere rapidamente discendente. A produrre questa decisa impennata fu la pratica di commerciare su larghe distanze alimenti conservati sotto sale.

Ad Ognuno i propri Gusti

L’universalità del consumo del sale non significa neppure che le differenti società non possedessero loro specifiche consuetudini e preferenze di gusto.

Nel Medioevo l’attenzione ai differenti tipi di prodotto era assai più marcata di quanto possiamo immaginare: intere regioni consumavano soltanto sale rosso, altre apprezzavano quello bianco, altre ancora disponevano solo di quello grigio.

La stessa distinzione nell’uso di sale grosso e fino che ancora oggi applichiamo trae origini da abitudini attestate già nel XIV secolo, quando si pensava che la varietà in grani fosse più potente e quindi più adatta a determinare il gusto di base durante la cottura, mentre l’altra era ritenuta più indicata per correggere il sapore dei cibi già cotti.

Onnipresente nei Libri di Cucina (e non solo…)

Considerato un elemento fondamentale nel sapore degli alimenti anche in virtù di queste sue differenziazioni, il sale assumeva un valore molto superiore a quello che gli viene attualmente attribuito.

I ricettari lo prescrivevano regolarmente, i trattati di medicina e di dietetica, riprendendo la tradizione classica, ne esaltavano le virtù di sostanza caldo-secca, capace di riscaldare un corpo ammalato e contemporaneamente di essiccare e disinfettare: “prima di ogni altro cibo a tavola si metta il sale, che alletta la gola e dà gusto al mangiare”, consigliavano i maestri della scuola di Salerno nel XIII secolo.

Produttori e mercanti intraprendenti avevano buon gioco a convincere i loro clienti che certi alimenti come il prosciutto di Bayonne o i formaggi della Gruyère e del Tirolo orientale, dovessero il loro sapore alle speciali qualità di sale utilizzate nella loro preparazione e stagionatura.

Anche la storia delle parole depone in favore del sale, mostrando la sua profonda influenza nella cucina di ogni tempo: basti pensare a termini come insalata, salsa, salume, salsiccia, salmì…

Stranezze nel suo Utilizzo

Le fonti più varie evidenziano chiaramente la tendenza degli uomini del Medioevo a estendere l’impiego del sale al di là degli usi per noi più consueti.

Il sale arricchiva infatti non soltanto carni e verdure, salse e minestre, e talvolta, come nell’Italia padana, il pane. Veniva aggiunto anche nel vino per renderlo più chiaro (in una soluzione comprendente anche spinaci, semi di peonia e chiara d’uovo), nell’olio per non farlo raggrumare, nella birra per insaporirla.

Una testimonianza relativa ai monaci della Gallia meridionale, all’inizio del Medioevo, ci parla addirittura di sale “fritto”, consumato come piatto in sé: una pratica probabilmente legata all’antica convinzione che, in quanto sostanza capace di prosciugare gli umori dell’organismo, il sale fosse particolarmente indicato per spegnere il desiderio sessuale in uomini che avevano consacrato la loro vita a Dio.

Un Conservante insostituibile

In età medievale le quantità di sale utilizzate per la conservazione dei cibi erano probabilmente assai superiori a quelle destinate all’uso diretto in cucina. La salagione, inoltre, riguardava prodotti di notevole rilievo dal punto di vista nutrizionale.

Tra le carni sotto sale spiccava quella di maiale, la più diffusa, le cui scorte troviamo ricordate nei magazzini delle grandi aziende rurali altomedievali come nelle dispense delle dimore urbane dei secoli XIV e XV o presso i contadini di ogni luogo ed epoca. Non mancano testimonianze relative a carni ovine, caprine, di cervo e di altri animali selvatici.

In quelle che negli ultimi secoli del Medioevo erano divenute aree di allevamento estensivo (le Alpi, la pianura ungherese, la Frisia, la Danimarca dove forte era l'orientamento verso i mercati esterni) era poi normale la salagione dei quarti di bovino destinati all'esportazione. In queste medesime regioni il sale veniva impiegato nella confezione del burro e dei formaggi di mucca, secondo procedimenti analoghi a quelli impiegati nel caso dei più comuni pecorini e caprini: la conservazione e il trasporto di queste derrate ne richiedeva l'uso in dosi massicce, al punto che, almeno il burro, doveva essere dissalato prima dell'uso.

Un altro prodotto che assorbiva grandi quantità di sale era il pesce, il cui consumo veniva sostenuto dalle prescrizioni religiose sui giorni di magro e la Quaresima. Nella seconda metà del secolo IX il monastero di San Colombano di Bobbio - e non si trattava certamente di un caso isolato - acquistava regolarmente partite di sale da destinare alla salagione delle anguille e delle trote allevate nella pescaia posta sul lago di Garda.

Qualche secolo più tardi, alla fine del Medioevo, storioni, sardine, acciughe, e soprattutto quelle aringhe la cui radice etimologica greca (als) contiene la parola sale, costituivano l'oggetto di un commercio di ampio raggio e di notevole rilievo economico controllato dalle popolazioni costiere del Nord Europa: nel 1368-1369 l'esportazione di aringhe dalla Svezia meridionale superò le 38.000 tonnellate, richiedendo da 8.000 a 9.000 tonnellate di sale per la salamoia. Di fronte a queste cifre appare soltanto una curiosità da eruditi il fatto che anche le uova venissero talvolta conservate sotto sale, così come le olive e le verdure, in particolare le rape

Una Panacea per tutti i Mali

Fuori dal vasto dominio dell'alimentazione il sale, nella sua forma più raffinata, era un componente fondamentale di molte preparazioni medicinali. Le sue proprietà disidratanti e disinfettanti lo facevano ritenere indicato - normalmente in associazione ad altre sostanze, in unguenti e impiastri - contro ascessi e piaghe purulente, punture di insetti e bruciature, raffreddori, avvelenamenti, malattie delle gengive; e ancora per combattere turbe renali, gotta, idropisia, disturbi intestinali, tigna e persino rabbia. Secondo Guy de Chauliac, medico alla corte pontificia di Avignone, una bevanda salata “aiuta a smuovere e a sciogliere il sangue morto”.

Ciò non significa che il sale non avesse anche delle controindicazioni. In tutti i Regimina sanitatis uno dei punti fermi era quello della limitazione dei cibi troppo salati, accusati di inaridire gli umori del corpo e di rendere il sangue “torbido e melanconico”.

Dalla cucina alla spezieria, dai magazzini di stoccaggio allo studio del medico. La panoramica sui consumi del sale non potrebbe dirsi completa senza una sosta nelle botteghe degli artigiani: gli orefici lo impiegavano infatti in numerose operazioni, i conciatori ne sfruttavano le proprietà conservative per proteggere le pelli dalla putrefazione, i vetrai se ne servivano nella fusione della sabbia silicea destinata a formare il vetro. I fabbri, infine, ne apprezzavano le qualità di solvente del metallo utilizzandolo ampiamente nelle saldature: a questo proposito Alberto Magno consigliava di preparare un miscuglio di sali diversi, avvolgerlo in uno straccio da applicare intorno alla saldatura da fare, cospargerlo di vino caldo e strofinarlo con una piuma: “quando comincerà a bollire, è segno che la fusione è fatta”.

Esorcismi e Scongiuri

Nei banchetti orgiastici del sabba il sale è assente. Che le forze del Male temessero il sale era già convinzione dei Romani, che davano ai neonati, nel giorno lustrale (l’ottavo dopo la nascita), un pizzico di mola salsa per allontanare da loro i demoni.

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La religione cattolica, sulla scorta della Bibbia, gli ha attribuito i significati di sostanza purificatrice e di simbolo della stabilità del legame fra l'uomo e Dio (“Dalla tua oblazione non lascerai mancare il sale dell'alleanza del tuo Dio”, Levitico: II, 13); ma non ha del tutto rinunciato alla tradizione pagana, utilizzando il sale benedetto nel battesimo e nei riti di esorcismo.

Nel Pontificale annotato alla fine del XIII secolo dal vescovo Guillaume Durand, che ebbe l'approvazione ufficiale del papa nel 1485, fra gli usi raccomandati del sale aggiunto all'acqua benedetta vi erano quelli di aspergere i vestiti del pellegrino, le armi prima della battaglia e le navi destinate a prendere il mare.

Dobbiamo stupirci che anche in ambiente popolare si riconoscesse a questa preziosa sostanza un forte effetto apotropaico? Il sale benedetto si dava agli animali per proteggerli dalle epidemie, si gettava nel fuoco per scongiurare l'approssimarsi di una tempesta o il temuto passaggio delle streghe, si metteva addosso agli sposi per assicurarli contro il rischio della sterilità.

Come diceva Isidoro di Siviglia all'inizio del VII secolo, non esisteva “niente di più utile del sole e del sale”

Non solo in Cucina

L’importanza del sale sulla mensa è bene illustrata dalla fortuna della saliera. Presente in ogni casa come semplice pezzo di legno intagliato, recipiente di stagno o più raramente d'argento, la saliera era uno dei pochi oggetti di uso quotidiano suscettibile di essere trasfigurato in forme artistiche, come mostra per tutti lo splendido esemplare in oro, smalti e pietre preziose realizzato da Benvenuto Cellini nel 1543, oggi custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

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Anche se nessuna di esse è giunta fino a noi, sappiamo che il re francese Carlo V ne possedeva ben quarantatré, otto delle quali finemente lavorate in oro e pietre preziose. E’evidente che, almeno sulle tavole dei potenti o anche semplicemente dei ricchi, la saliera era destinata a esprimere, oltre al pregio del prodotto che conteneva, la condizione sociale del proprietario.

Fonte: da F. Franceschi, Medioevo. Un passato da riscoprire

Per approfondire

  • J.F. Bergier, Una storia del sale, Marsilio, Venezia 1984.

  • M. Montanari, Alimentazione e cultura nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1988

Immagini: nonsprecare.it - villaggipuglia.com